28 mar 2009

Il prefetto che non sa (!?) ma stra-parla

Camorra a Parma, il prefetto: “Da Saviano solo sparate”.



di Maria Chiara Perri
(Giornalista)



da Repubblica.it del 27 marzo 2009


Il rappresentante del governo attacca lo scrittore che in diretta televisiva parla degli affari dei Casalesi a Parma. La città al centro delle inchieste del magistrato Raffaele Cantone, dove si è registrata la prima condanna in primo grado per associazione di stampo camorristico nel nord Italia. Nei giorni in cui si costituisce l’associazione Libera e il Pd presenta due interrogazioni sulle infiltrazioni mafiose fatte al ministero dell’Interno.

Titoli shock scorrono sul teleschermo. Roberto Saviano con enfasi pacata ne sottolinea la volontà, ancor prima di mistificare, di riflettere e consolidare la mentalità criminale che divora una terra.

Incolla al teleschermo, mercoledì sera, 4 milioni e mezzo di telespettatori.

Parla anche di Parma, per tre volte, per esemplificare come i tentacoli della camorra abbraccino anche le realtà apparentemente più periferiche del nord Italia.

Due giorni dopo un quotidiano locale, Informazione di Parma, pubblica un’intervista al prefetto Paolo Scarpis. Titolo? “Camorra a Parma? Solo ‘sparate’”.

Un’affermazione che il rappresentante del governo non precisa e non ridimensiona, che consola una città dove nel frattempo sta nascendo l’associazione Libera e le due parlamentari del Pd, Albertina Soliani e Carmen Motta, presentano due interrogazioni sulle infiltrazioni mafiose nel nord Italia fatte al ministro dell’Interno.

Saviano ha citato la città ducale per gli interessi, già raccontati anche da un’inchiesta dell’Espresso, di quel Pasquale Zagaria che insieme al fratello Michele le mise occhi e mani addosso nel campo dell’edilizia.

Ha parlato di come la patria di Maria Luigia, oltre a Milano, sia terra in cui le attività dei criminali si intrecciano con quelle di imprenditori e forse anche politici.

Persino durante il sequestro del piccolo Tommaso Onofri, la camorra si è occupata di Parma: i boss lanciarono sulle colonne di un quotidiano partenopeo una sorta di accorato appello ai rapitori: liberatelo e faremo in modo che non vi succeda niente, fategli del male e ve la faremo pagare.

Tutto questo ha raccontato Saviano nel corso delle tre ore in diretta televisiva, che oggi vengono smontate dal rappresentante del governo.

“Sono ‘sparate’ di una persona che sta a 800 chilometri di distanza, che ha visto Parma di passaggio – si legge nell’intervista pubblicata dall’Informazione di Parma – Durante una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica avevo chiesto al procuratore ella Repubblica un resoconto di eventuali posizioni aperte nel parmense sentendo anche la Dda di Bologna e la Dia di Firenze: la risposta è stata “non ci sono indagini di questo tipo”. Il tentativo di allarmismo è quindi del tutto fuori luogo e se qualcuno è così convinto di saperne di più dei professionisti del settore, che si faccia avanti facendo nomi e cognomi”.

C’è una cosa che forse Saviano teme più delle minacce che lo costringono a una vita da recluso. Quella di essere delegittimato. Che le accuse di “scrivere favole” che gli rivolgono tanti conterranei possano attecchire e vanificare l’opera di denuncia che tanto gli è costata.

Ai microfoni di Tv Parma, il prefetto Scarpis precisa che in città ci sono realtà di criminalità organizzata, cioè messa in opera da più di due persone, ma non infiltrazioni di stampo mafioso, che presuppongono il controllo del territorio tramite infiltrazioni negli organi che lo governano: non gli risultano indagini di alcun tipo che riguardino mafia, camorra e n’drangheta.

Eppure, l’assalto della camorra sulla città tramite un patto del cemento tra imprenditori del nord e i casalesi, in cui non mancarono contatti con la politica locale, è stato oggetto anche di una recente conferenza di Raffaele Cantone, magistrato che coordinò le indagini su Pasquale Zagaria e scoperchiò gli interessi di Gomorra sulla città ducale.

Parlò di affari da otto milioni di euro, delle capacità imprenditoriali di Zagaria, di una delle più grosse società immobiliari di Parma confiscata, e della prima condanna per associazione camorristica del centro-nord. Una condanna in primo grado per una immobiliare locale.

E anche di un incontro in un albergo romano con un politico, che poi ammetterà di non sapere chi fosse quell’uomo.

Pochi giorni fa la polizia ha arrestato a Colorno, “Michè lo Svizzero”.

E’ Ciro Dell’Ermo, del clan degli Orefice, residente nel parmense con obbligo di firma.

Lo scorso giugno approfittò di un permesso di cinque giorni per tornare ad Acerra e tentare un’estorsione da 100.000 euro ai danni di un imprenditore edile.

I sindacati emiliani dell’edilizia hanno chiesto di estendere l’obbligo delle certificazioni antimafia a tutte le attività, perché “è noto l’intresse di mafia, camorra e n’drangheta per gli appalti di opere pubbliche e private. La presenza della criminalità organizzata è documentata soprattutto a Parma, Reggio Emilia e Modena”.

E sulla ‘ndrangheta c’è anche l’ultima relazione della Dia in cui si parla delle infiltrazioni dei clan calabresi nel territorio provinciale.

La società civile si sta organizzando per costituire nella città ducale l’associazione di Don Ciotti. Una prima riunione c’è stata e vede in prima fila il pastore metodista Giuseppe La Pietra, già responsabile di Libera in Abruzzo. Diverse le realtà locali coinvolte, tra cui l’Agesci, l’Arco e il coordinamento Libera Emilia Romagna.

In questo contesto “Camorra a Parma? Solo sparate” non sfigurerebbe nella collezione dei titoli di Saviano mandati in onda l’altra sera.


UGUALE PER TUTTI: Il prefetto che non sa (!?) ma stra-parla